di DinoRaggio


Temevo quasta partita, essendo la terza in sette giorni, e di solito arriviamo a queste partite un po’ stanchi, per di più contro un avversario che aveva avuto una settimana di soli allenamenti. In effetti l’inizio dava àdito a queste preoccupazioni, già dopo una trentina di secondi Marchetti si guadagnava la pagnotta respingendo fuori un pericoloso tiro del Sassuolo.

I nostri faticavano a trovare il bàndolo della matassa, Sergej, Parolo e Lulic formano un centrocampo più di lotta che di governo e le manovre passavano soprattutto per le ali, con Felipe Anderson picchiato più del dovuto sulla nostra destra. Cosicché i pericoli per Consigli arrivano soprattutto da tiri da lontano, con Keita che prova a realizzarne uno sul modello del Maurito dei bei tempi, oppure un missile terra-aria di Radu che finisce troppo in aria.

Le squadre se le dànno, il Sassuolo fa soprattutto gioco a centrocampo e dopo quell’inizio fulminante, arretra un po’ per cercare il contropiede, tentativi che sono vanificati dalle buone prove di Wallace e Hoedt, poco più di 40 anni in due.  Pare in vena anche Felipe Anderson, nonostante le botte prese talvolta senza che l’arbitro batta ciglio, ma l’episodio più importante del primo tempo è il fallo di mano in area di Peluso, dribblato sulla linea di fondo da Basta, con la palla che va prima sul fianco e poi sul braccio dell’ex atalantino. Assistente di linea ed arbitro, anche in questo caso, non vedono nulla di anòmalo.

Il primo quarto d’ora del secondo tempo decide la partita. Dopo il solito buon inizio del Sassuolo, le nostre ali cominciano a battere ad un ritmo vorticoso, mettendo in difficoltà i mapeiani. Comincia Keita, sulla destra, quando entra in area e crossa al centro. Il pallone viene respinto da Consigli ma finisce sui piedoni di Lulic che lo mette in rete. Fuorigioco? In gioco? Chissà, ma se anche lo fosse, farebbe scopa con il rigore non assegnato nel primo tempo. Siamo in vantaggio, comunque.

Temo la stanchezza dei tre impegni in una settimana, però nel contempo vedo i nostri belli carichi ed in palla, soprattutto Felipe Anderson, che specialmente nei secondi tempi prende in mano la squadra e la porta alla vittoria. E’ quello che fa la differenza e finalmente cresce anche mentalmente. Non più la giocata fine a se stessa, da jogo bonito, ma la giocata che libera o manda in gol i compagni. Si dà da fare anche in chiave difensiva, cosa già mostrata nelle prime partite di campionato, quando sembrava però che questo compito difensivo andasse a scàpito della fase d’attacco.

Il raddoppio lo segna sempre lui, ovvero Immobile, su un’azione che sa tantissimo di schema preparato. Calcio d’angolo, Radu sul primo palo di testa allunga la palla verso il secondo palo dov’è appostato Ciro che al volo mette la mette in gol. E siamo sul 2-0. In cinque minuti due gol. Ci si può rilassare? No, naturalmente. I neroverdi trovano subito l'(auto)strada del gol con veloci scambi al centro con Defrel liberato in area di rigore che, nonostante l’opposizione (tardiva?) di Radu batte l’accorrente Marchetti, già in fase di scivolo. 2-1 e manca mezz’ora alla fine.

Inzaghi si cautela facendo uscire Keita e mettendo un ancora impreparato Biglia al suo posto. La squadra comincia a rinculare, il Principito perde un paio di palloni che avviano in maniera pericolosa la manovra del Sassuolo, ma i nostri difensori paiono in buona vena. Dopo una fase di difficoltà, la Lazio reagisce nel modo più sicuro: stabilirsi nella metà campo avversaria e tenere il pallone là. In effetti, il Sassuolo crea pochi pericoli, se non nel solito, ultimo, fatale minuto, quando Ragusa si trova, in posizione piuttosto angolata, con il pallone sui piedi e la porta davanti, e tira fuori. Rimane 2-1 alla fine, buona prova della Lazio, non scintillante, ma si sono viste due doti confortanti: concretezza e voglia di vincere.