Grazie di tutto.


Successe tutto in una sera di dicembre. Ledesma sembrava un enigma patagonico, cercava di prendere in mano la situazione ma non ci riusciva più di tanto. La prima parte della sua avventura era caratterizzata dai passaggi sbagliati e dalle prestazioni in chiaroscuro. Ledesma aveva l’aria del leader silenzioso, ma necessitava  di tempo per imporsi in una nuova situazione. Poteva contare sulla fiducia di Delio Rossi, suo mentore leccese. Quella sera si stava distinguendo, come da caratteristiche, per la solidità e la continuità, in campo, a supporto di una difesa che stava diventando sempre più solida. Di fronte l’avversario più odiato dai tifosi, che si era avvicinato alla gara, come sempre, irridendo e strombazzando.

Stava per finire il primo tempo, Oddo aveva lavorato un pallone sulla destra e gli aveva appioppato il passaggio a mò di generico suggerimento. Eccotela, fai un po’ te. La palla arrivava invitante, Cristian aveva caricato ed esploso il tiro di sinistro, potente e preciso, avendo avuto l’attimo a disposizione per prendere la mira, indisturbato. Un proiettile che staccava la ragnatela dal sette, sul palo alla destra di Doni. E giù feste e deliri.

Qui cominciava ufficialmente l’amore, sancito dal tuffo che Delio Rossi farà nella fontana del Gianicolo, a fine gara, ebbro dei tre gol rifilati al nemico. Un amore durato nove anni, con in mezzo trecento e passa presenze, qualche gol, una disputa contrattuale che costrinse lui sul campo dei ragazzini e la squadra in una depressione di classifica, tutti sdoganati dall’arrivo di Edy Reja, suo secondo mentore laziale.

Un amore cambiato per gli anni che passano, ma non finito, solo trasformato dalla necessità della squadra e della guida tecnica di sperimentare nuove geometrie, trovando velocità più consone alle proprie aspirazioni. Il che, forse, esula dalle caratteristiche dell’argentino, ormai italiano per nozze, passaporto e (unica) presenza in nazionale, nel frattempo in età avanzata per un centrocampista di lotta e di governo.

Ledesma ha salutato con amore la squadra e i suoi tifosi, elegante e sobrio, come sempre. Sarà ricordato per quel gol e per la sua serietà, che lo collocano tra le figure più importanti del ciclo lotitiano, in ottima posizione anche nella storia plurisecolare della Lazio. Resta la sua firma su tre Coppe fondamentali: su tutte quella del 26 maggio.