Più di ogni altro grande prodotto del vivaio, Alessandro Nesta ha rappresentato l’immagine ideale del calciatore laziale. Romano, dotato di gran fisico e di classe limpida, in grado di disimpegnarsi in ogni ruolo difensivo con precisione, lucidità e freddezza, veloce, forte di testa e inarrivabile nell’anticipo, perfetto nel tackle, dotato di ottima tecnica, corretto all’inverosimile. Alto, bello, simpatico, intelligente, gentile, misurato, sportivo, e potremmo andare avanti per giorni, perché per noi laziali Nesta è stato la sintesi di tutte le virtù: il figlio prediletto, il compagno di giochi, il fidanzato ideale, l’uomo-copertina. Un raro caso di difensore su cui l’attaccante era costretto a commettere fallo. Si ricordano sue prestazioni mostruose, frustranti per gli attaccanti avversari. E scrosciavano gli applausi, su tutti i campi.

Nesta esordì a 16 anni e divenne capitano a 22, accompagnando la Lazio fino al 2002 e partecipando alla conquista di tutti i trofei cragnottiani, e molti li sollevò da capitano. Quell’estate palindroma di inizio millennio fu tremenda, perché alla fine di una lunga serie di annunci e di smentite (Berlusconi in persona disse che il Milan non l’avrebbe preso…) il ragazzo fu ceduto al Milan, proprio nell’ultimo giorno di mercato.

Cragnotti denunciò più in là accordi tra le tre grandi del nord per portare via il campione alla Lazio a un prezzo d’eccezione. Il passaggio di Cannavaro alla Juventus rendeva superflua l’asta, così il Milan fece il prezzo, e fu un prezzo molto inferiore a quello che circolava l’anno prima, quando si vociferava di una superofferta del Real Madrid. La Lazio dovette accettare le condizioni imposte dalle potenze del calcio che si vendicavano per gli anni in cui avevano dovuto mangiare la polvere.

Nesta si presentò al Milan con un’espressione stravolta e triste, ma poi giocò come sapeva e divenne un cardine della squadra rossonera, raccogliendo i successi che meritava. Per una strana coincidenza non riuscì mai a mettersi in luce ai mondiali, colpito da infortuni che lo misero sempre fuori causa. Ha comunque partecipato alla spedizione di Berlino 2006, finita in gloria.

Il rapporto con la Lazio è stato alterno, dopo la sua partenza: l’ammirazione di tutti, il grande affetto, i fischi surreali della curva al suo ritorno, l’evidente attaccamento che lui stesso ha manifestato per la maglia biancoceleste, il vagheggiamento di un ritorno che non si è mai concretizzato. Un tormentone che negli ultimi anni è tornato spesso a galla, con il campione sollecitato a rilasciare dichiarazioni che finivano per essere sempre le stesse.

Nonostante qualche passaggio oscuro (la vicenda nebulosa per cui la Lazio fu costretta a riacquistarlo da una società olandese cui il ragazzo aveva ceduto i diritti d’immagine, d’accordo col procuratore Canovi), Nesta passa alla storia come l’incarnazione dell’ideale bigiarelliano. La bellezza dell’atleta puro, l’eleganza dell’airone, la misura nei gesti e nelle parole, la correttezza esemplare. Prezioso, unico, inarrivabile campione.

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