Partita resa agrodolce dalle occasioni concesse al tridente Mihăilă-Sprocati-Brunetta: frizzante, con qualche numero interessante nell’esterno rumeno, ma troppo inesperto per giustificare il doppio spavento nel primo tempo o il rischio dei supplementari.
Un bilancio che non può coincidere con la chiara supremazia tecnica e la discreta mole di gioco prodotta nel primo tempo.

Tre i fattori da cui dipende l’andamento non troppo rassicurante del risultato:

1) i cambi in blocco sul versante di centro-destra, che si sono sommati alla compresenza di troppi singoli non ancora inseriti

2) I limiti strutturali, tattici e di testa, quando la squadra cerca di gestire una situazione di vantaggio alzando il piede dall’acceleratore

3) Una formazione ancora troppo “lunga” dopo la quasi perfezione nel derby quanto a presidio del campo e degli spazi

Soprattutto quanto indicato al punto 3) ha inciso sia sulle situazioni di gioco – compreso l’erroraccio sul fuorigioco che porta al pari: vi raccomandiamo la disposizione degli undici in quell’azione – sia su alcune prestazioni individuali.

In testa quella di Escalante, che necessita di giocare nel traffico per evitare entrate in odore di cartellino e un raggio d’azione nei passaggi sovradimensionato rispetto ai suoi mezzi.
Si spiegano così alcuni passaggi a vuoto nella sua serata, che rimane comunque positiva per il contributo davanti alla difesa.

Chi ha invece beneficiato del molto o troppo spazio sulla verticale è Akpa Akpro, motorino in grado di imprimere utili accelerazioni quando la manovra fatica a distendersi.
Stupisce in negativo, al contrario, la mancanza di esplosività nei movimenti per caricare il tiro: lacuna da colmare, data la facilità con cui si è trovato in posición de disparo per la soluzione dalla media distanza.

Prescinde invece dal contesto tattico, o forse dal concetto di tattica in sé, la serata di Pereira.
Che un giocatore con una simile atassia rispetto al gioco d’insieme abbia collezionato un centinaio di presenze in Premier, e non in club di secondo piano, rimane un mistero.
Nulla, neppure le tante differenze fra i due tornei e le conseguenti difficoltà nell’adattamento, può spiegare tanta autoreferenzialità anche nei movimenti e nelle scelte più elementari.
Un difetto che sembra contagiare anche Correa – a lui subentrato – protagonista di spunti nei quali non teneva conto neppure delle dimensioni del campo, che finiva immancabilmente prima del completamento della giocata.

Quanto al protagonista di giornata, stupisce la pervicacia – già “ammirata” con Caicedo ai suoi inizi – nel riproporre il copione scritto su misura per Ciro con un centrattacco dalle caratteristiche del tutto diverse.
Il bel colpo di testa, premiato da una dose di buona sorte ma anche dalla capacità di imprimere forza a un cross non molto teso, ha suggellato nel migliore dei modi un sostanziale dialogo fra sordi con gli altri dieci.
Si spera che un gol importante, unito al riscaldamento di un diesel potente quanto farraginoso con l’accumulo di minuti, lo aiuti a sbloccarsi: ma il discorso legato al suo inserimento strutturale nel gruppo va oltre l’attuale ritardo di condizione.

Ora l’Atalanta nei quarti, con un Lulić rientrato – naturalmente al 71’ – dopo un incubo che ricordava sempre più da vicino quello vissuto da van Basten.