di Er Matador



Premesso che condivido le critiche espresse nel corso della discussione, mi limito a qualche osservazione sui singoli:

– MILINKOVIĆ-SAVIĆ: protagonista assoluto della partita, nel bene e nel male.
Durante la prima frazione è stato forse il peggiore sul piano tattico, con avanzamenti del tutto disallineati al baricentro non altissimo della squadra.
I suoi movimenti hanno attirato Escalante fuori dalla zona di competenza, in un ruolo di mezzala difensiva che sostanzialmente è il suo, togliendo l’unico e sottile diaframma che separava la difesa dagli attacchi milanisti.
Quando la Lazio ha piantato le tende nella metacampo avversaria, è salito letteralmente in cattedra coronando la prestazione della ripresa con l’assist per il 2-2 di Ciro.
Decisivo al contrario anche per la sua uscita, ma quello non dipende da lui

– ESCALANTE: continuo a pensare che c’entri assai poco col ruolo di vice-Leiva.
Servirebbe, casomai, come interno dalle caratteristiche assai più di contenimento, quando la condizione fisica non ottimale impone un’alternativa prudente al modulo tutte stelle.
Il suo profilo tecnico sembra abbastanza definito, compresa una fallosità che lo carica di gialli evitabili.
Davanti alla difesa ha dato il meglio contro il Napoli, dove però il suo continuo rinculare a ridosso della terza linea ha ricordato casomai Ledesma.
E una posizione di quel genere, rispetto a quella di interno, gli toglie la possibilità di scaricare il pallone recuperato su un compagno maggiormente tecnico: imponendogli responsabilità in costruzione per le quali non dimostra né piedi né visione di gioco.
Escalante in sé non ha colpe, se non quella di non essere un fenomeno: il che non gli impedisce di rendersi utile e di risultare, grazie al parametro zero, un discreto affare.
È chi lo ha preso spacciandolo per il vice-Leiva che meriterebbe, anche solo per quello, il licenziamento in tronco

– LAZZARI: mi permetto di spezzare una lancia in suo favore, pur preferendo Marušić per la fisicità più adatta al ruolo di esterno.
A leggere molti commenti, sembra che corra come un dannato per poi sparacchiare cross fuori dallo stadio.
A me viene in mente un’immagine diversa: l’ex spallino che salta l’avversario sulla corsa, quindi è costretto a perdere il tempo, perché in mezzo non c’è nessuno, e a ripartire da fermo dove i suoi poveri piedi non bastano alla bisogna.
Più dei suoi limiti tecnici, emerge a mio avviso la totale incapacità di accompagnarne le volate con movimenti coordinati al centro.
Causa, come sempre, una squadra schierata a caso senza la minima idea di gioco e di schemi.
Fermo restando che anche le sue doti tecniche potrebbero essere affinate con esercitazioni mirate: si tratta di imparare a effettuare un cross, non di diventare Garrincha.
Per Lazzari, come per altri suoi compagni, il problema principale è il criminale tecnico che lo “allena”

– MURIQI: ed eccoci al protagonista fuori dal campo, vale a dire nelle discussioni del dopopartita.
In sintesi: troppo brutto per essere vero. E nel suo caso, d’altronde, si sono accumulati: un fisico lento a entrare in forma; un infortunio proprio nel momento cruciale in tal senso; l’estraneità a una non-squadra che non è abituata a un centravanti di quel tipo e che non ha fatto nulla, a livello di organizzazione, per abituarsi.
Più, naturalmente, caratteristiche tecnico-tattiche non proprio decifrabili: siamo di fronte, se va bene, a un giocatore dalle doti più funzionali che intrinseche.
Prendo ad esempio Bernardo Corradi: se prima della gara avesse palleggiato a metacampo per poi esibirsi in una corsetta sulla pista d’atletica, quasi tutti l’avrebbero scambiato per un mezzofondista.
Personalmente non mi ha mai entusiasmato, ma non gli si può negare di aver rappresentato l’ago della bilancia nella manovra offensiva della Lazio di Mancini, sul piano del gioco la migliore degli ultimi decenni.
Può darsi che il muflone sia un singolo di questo tipo, bisognoso di un contesto adatto e poco portato a rendersi utile in proprio.
Mi preme, però, sottolineare la trafila che l’ha portato all’Olimpico.
Inzaghi chiede un centravanti di peso come alternativa tattica, e fin lì molto bene.
Tare lo accontenta, sia pure con tempistiche nella trattativa e un rapporto qualità/prezzo da mettersi le mani nei capelli.
La palla ripassa al facente funzione in panchina che però, a quel punto, non ha la minima idea delle sue caratteristiche né su come utilizzarlo: neanche se gli fosse stato recapitato senza il suo consenso.
Più che una catena di comando sembra, con rispetto parlando, la catena del cesso.
Da tirare, per quanto mi riguarda, in modo che lo sciacquone si porti via entrambi i protagonisti