di Er Matador


STRAKOSHA 7-Su Guerreiro indovina praticamente tutto: uscita a restringere lateralmente lo specchio della porta; posizione sufficientemente in piedi per sconsigliare pallonetti e tocchi sotto; gambe non troppo aperte per evitare figuracce. È un intervento decisivo, perché da lì a poco arriva il raddoppio. Limita i danni, trattenendo in zona la respinta corta, sul potente rasoterra di Haaland da entro i sedici metri. Reattivo per il resto. Dà il massimo anche sull’impressionante sassata del 2-1: nel senso che evita di farsi male…

PATRIC 6.5-Rispetto agli altri due, che danno la sensazione di spadroneggiare, ci mette soprattutto umiltà e applicazione. A conti fatti, sbaglia poco o nulla. Bella reazione dopo i siparietti comici di Genova.

LUIZ FELIPE 7.5-Non esente dalle consuete amnesie sulla penetrazione di Guerreiro e sulla conclusione, fortunatamente approssimativa, del troppo libero Meunier. Gigantesco nell’annullare un cliente del calibro di Håland, che infatti si ritaglia spazio in mansioni più gregarie come sponde e assist. Un dettaglio regolamentare (il fatto che la sua conclusione aerea non fosse direttamente indirizzata in porta) lo cancella dal tabellino dei marcatori a favore di un’autorete del portiere. Peccato, meritava davvero la soddisfazione personale. Esce perché ancora non ha i novanta minuti: si spera li recuperi quanto prima, perché tutti questi stop and go sul piano fisico non ne favoriscono il consolidamento a certi livelli.

ACERBI 8-A sinistra perderà qualcosa nella granitica solidità difensiva, ma è davvero un bel vedere per gli esteti. Piede da ala, onnipresente, puntuale nel tenere le distanze sulla verticale senza perdere terreno in copertura. Un uomo in più in mille situazioni di gioco. A livello internazionale gli mancava una serata così.

MARUŠIĆ 7.5-Data l’ispirazione degli specialisti in attacco, destina tutte le risorse da metacampo in giù. Impeccabile per concentrazione; a tenuta stagna contro l’avversario diretto, che infatti trova il guizzo migliore al centro; portatore di una fisicità indispensabile a questi livelli, a causa della quale stasera serviva più di Lazzari. Tatticamente decisivo.

MILINKOVIĆ-SAVIĆ 8.5-Autentico leader silenzioso di una serata da incorniciare, e il perché lo si capisce quando esce: è il collante che tiene insieme lo schieramento, garantendo un hub di palloni ripuliti e forza d’urto nei contrasti da cui passa tutta la manovra. In quell’altro sport che si pratica in CL sembra muoversi come a casa propria.

LUCAS LEIVA 8-Fa praticamente gli onori di casa nella massima competizione continentale, data l’esperienza internazionale inconfrontabile con quella dei compagni. Capisce che SMS supplisce anche per lui in regia bassa e punta tutto sulla mobilità, portando a tutto campo le proprie doti nei contrasti: uno dei quali avvia l’azione dell’immediato vantaggio. Da tenere pronto per partite del genere, come il Sensini del secondo scudetto.

LUIS ALBERTO 9-I palloni toccati di Xavi, le magie di Ronaldinho. Ogni azione si trasforma in una sorta di show personale. Anche lui reagisce ottimamente all’elettrochoc della CL.

FARES 6.5-Molto presente in fase di spinta e tutto sommato già ben coordinato coi compagni. Molto approssimativo nei cross, anche perché dà la sensazione di arrivarvi in apnea. Buon lavoro.

IMMOBILE 8.5-Al Borussia doveva in buona parte la modesta fama in ambito internazionale. Coi gol e assist di ieri sera può iniziare un’altra storia. Se il Siviglia – altro suo flop a livelli continentali – dovesse incrociarne il percorso, è avvisato.

CORREA 7-Croce e delizia per come costruisce e distrugge a ciclo continuo. Quasi perfetto nei movimenti e collegamenti fra i reparti, nel vivo del gioco forse come mai gli era capitato, il tiro alla Bokšić lo ferma a pochi metri dal raddoppio. Perde progressivamente precisione nelle giocate, appannato anche dal notevole contributo di corsa e scatti.

HOEDT 7-Al centro della difesa a tre aveva giocato solo nel derby di ritorno in Coppa Italia, a risultato pressoché acquisito e limitandosi di fatto a marcare Džeko sui palloni alti. Entra nel ruolo con naturalezza e concedendo tutto sommato le briciole al dirimpettaio norvegese. Concentrazione e buon senso nel cercare giocate semplici lo aiutano in un frangente potenzialmente insidiosissimo.

AKPA AKPRO 7-Il suo spezzone è un piccolo remake de La grande guerra nel quale, come Sordi e Gassman, passa da anello debole a valoroso eroe nel giro di un attimo. Fino al gol soffre, schiacciato dal confronto con SMS la cui uscita sembra aver disassemblato la squadra e tolto la capacità di uscire dall’area. Poi, in un ribaltamento di fronte, piazza l’allungo che orienta definitivamente risultato e inerzia psicologica della gara. Fisicamente c’è, la sensazione è che abbia bisogno di mansioni ben definite per rendere al meglio.

MURIQI 6-Prende una punizione a metacampo, secondo movenze che gli appaiono spontaneamente congeniali. A lungo si muove come un corpo estraneo. Del resto, la Lazio non schierava un centravanti di questo tipo dai tempi di Đorđević e del girone d’andata nel primo anno di Pioli.

PAROLO e CAICEDO s.v.-In campo a cose fatte.

INZAGHI 8.5-Partita preparata nel migliore dei modi, come rivelano due particolari.
Primo: l’inizio subito in sintonia col match, con ritmo ma senza foga, imponendo il canovaccio all’avversario cui non lascia tempo per prendere le misure.
Secondo: il fatto che la squadra soffra tatticamente dopo l’uscita di SMS ma mai fisicamente, a conferma di una velocità di crociera calcolata con precisione millimetrica.
La serata ispiratissima degli elementi più tecnici fa il resto, lubrificando una manovra che per gran parte dei novanta minuti scorre con una naturalezza disarmante.
Qualcosa da rivedere? Fondamentalmente la troppa leziosità a inizio ripresa, quando si sarebbe potuto piazzare il colpo decisivo senza rimettere in palio il titolo col temporaneo 2-1.
E magari i movimenti difensivi: nell’uno contro uno i suoi non sbagliano praticamente nulla, ma contro superiorità numeriche e avversari che irrompono muovendosi fra le linee – Meunier nel primo tempo, Håland nel secondo – emergono limiti evidenti nel posizionarsi e coprire in maniera più coordinata.
Serata, comunque, da raccontare ai nipotini: esserci dopo tredici anni era già una vittoria.
Aver trasformato lo scotto del noviziato – che appariva inevitabile – in una molla psicologica e in uno spot di bel calcio regala sensazioni trionfali.