di Er Matador


Iniziamo dal campo, e da un perentorio invito: giù le mani.
Non c’è nulla da eccepire né sul piano regolamentare né su quello tecnico, dato che la piscina dello “Scida” c’era per entrambe le squadre e i valori tecnici sono puntualmente emersi.
Al netto di tutto ciò, chi scrive preferirebbe vivere in un mondo normale: nel quale si gioca un terzo delle partite attuali, il concetto di “slot per i recuperi” non è ancora stato formulato e, di fronte a un terreno di gioco del genere, si va a mangiare qualcosa di caldo in attesa di tempi migliori.

Oltre a una netta supremazia qualitativa e territoriale, la Lazio ha fatto valere tanto la rapidità nell’adattarsi alle condizioni del manto ex erboso – dal quale in teoria aveva maggiormente da perdere – quanto la lucidità nel leggere la partita e il punto più debole degli avversari: i cross dalla trequarti destra.
Sì, quelli che, come José Altafini ci ha ricordato n volte, sono facile preda delle difese.
A meno che, come quella calabrese, non si perdano in una tipica esibizione di calcio “moderno” seguendo con lo sguardo la palla anziché l’uomo: e lasciando così spazio ai movimenti degli avanti biancocelesti, già ispiratissimi in proprio.
Gli uomini di Inzaghi hanno concentrato le forze su quel fronte, alternando al poligono di tiro Patric, Lazzari e Parolo finché l’ennesimo traversone ha propiziato la zampata di Immobile.

Da lì in poi gli ospiti hanno controllato la partita senza forzare e soffrendo solo per un breve passaggio a vuoto a inizio ripresa, nel quale la mediana ha perso compattezza.
Recuperata quasi subito grazie anche al contributo di Akpa Akpro, protagonista dell’ennesimo spezzone di fisicità e concretezza.
A chiudere il discorso ha provveduto un Correa in gran spolvero: contro la Juventus aveva propiziato il pari con un capolavoro di tecnica e fisicità, degno di un Johan Cruijff; a Crotone ha piazzato un colpo di biliardo dalla linea di fondo, intuendo un corridoio di cui i comuni mortali non si erano accorti.

Sul piano individuale, benissimo Leiva. Con una domanda: la sgambata lo ha aiutato a ritrovare la forma? O lo ha portato a spendere il jolly di una prestazione delle sue, che magari sarebbe servito contro altri avversari?
Un plauso anche a Hoedt e Reina per il senso di sicurezza che hanno saputo infondere al reparto.
L’olandese si è inserito ancora una volta all’istante entrando a freddo, capacità non scontata per uno col suo tipo di fisico, confermando un’affidabilità al di là di qualsiasi aspettativa.
Lo spagnolo non ha dovuto compiere interventi di rilievo, ma ha domato le insidie del terreno con una presa sicura: e, in un paio di casi, smorzando col petto per far ricadere la palla fra le proprie braccia, anziché pericolosamente più avanti.
Saranno dettagli, ma cosa succede se si prende un gol per un errore in quel tipo di situazioni? Semplice: cambia la partita…