di Er Matador


“Onorevole sconfitta”: quante volte abbiamo sentito questa definizione con riferimento alle partite dell’Italia di rugby?
La sensazione nel dopo Juventus-Lazio è proprio quella, con l’enfasi che vorrebbe andare sull’aggettivo e scivola invece malinconicamente sul sostantivo.
Spinta forse da un segmento di stagione assai simile, sempre a proposito di palla ovale, a troppi percorsi degli Azzurri nel Sei Nazioni.
E il tutto nonostante una prestazione più che dignitosa, tenendo conto di un avversario non certo al meglio ma anche di un bollettino di guerra in materia di giocatori indisponibili.

Bene soprattutto il primo tempo, con un centrocampo più muscolare che lascia l’iniziativa agli uomini di Sarri senza però subire eccessivamente l’inerzia della gara.
Pari anche il conto dei pali, con Immobile che ha dato prova dal limite di quel tiro secco, tipico del centravanti di razza: quello che, avesse potuto disporne, avrebbe reso Bokšić un autentico mostro.
Una giocata tecnicamente pregevole e un segnale di risveglio per Ciro, passato da un tunnel nel quale non gli riesce niente all’essere “solo” sfortunato.
Comunque un passo avanti, confermato dal fatto di essersi sbloccato – magari con un brivido di troppo – dal dischetto.

Interessante la prestazione di Djavan Anderson sulla sinistra. Un punto di partenza verso un percorso di formazione ancora piuttosto lungo, ma con l’olandese al posto di Jony i biancocelesti hanno riscoperto la sensazione di giocare in undici.
Dubbi invece sul reparto arretrato, a partire dalla disposizione dei singoli: perché schierarli fuori ruolo, quando una linea Luiz Felipe-Acerbi-Bastos avrebbe risparmiato parecchie complicazioni?
L’angolano non è nuovo nei panni di controfigura di Radu che, costringendolo sul lato meno abituale, gli giova addirittura sul piano della concentrazione.
Ma a lasciare perplessi sono gli altri due terzi, una soluzione all’insegna della massima qualità in impostazione che ricorda, fatte le debite proporzioni, l’attacco “tutte stelle” di Pioli in quel maestoso Lazio-Fiorentina 4-0.
Soluzioni di pregio ma al limite, che necessitano di essere sostenute da una condizione impeccabile in tutti gli effettivi: requisito non proprio d’attualità.

Un discorso a parte, e non solo per l’erroraccio sul raddoppio, merita l’italo-brasiliano.
Il buon Ramos ha i pregi (impostazione) e i difetti (cali di concentrazione, propensione per l’intervento in seconda battuta) per giocare in un ruolo alla Bonucci anziché come marcatore.
Semplicemente, ha alle spalle poche ore di volo per poter affrontare una partita del genere alla guida della terza linea.
Senza contare che cambiare ruolo a un singolo significa plasmarne profilo tecnico, movimenti e automatismi, non limitarsi allo spostamento da una posizione all’altra.

Difetto atavico e irredimibile di Inzaghi, così come il black-out nel primo quarto d’ora della ripresa, in corrispondenza del quale arriva l’uno-due determinante.
Con l’aiuto di Orsato di Schi(f)o, che aveva platealmente in testa un preciso film della partita, ma il dato tecnico rimane.
E conferma come il tecnico, insieme a chi ha fatto sì che la squadra si ripresentasse in queste condizioni, rientri nell’elenco dei nomi da congedare a fine stagione.