Da Napoli al Genoa, all’inferno e ritorno

Le scorie della disfatta napoletana smaltite in campo col Genoa


La Lazio ha battuto il Genoa con il punteggio che una volta si definiva classico. Un 2-0 che in sé sarebbe da liquidare come ordinaria amministrazione, ma siccome viene dopo il crollo napoletano e i tre giorni di ritiro a Formello merita un approfondimento in più. Il ruggito di uno stadio semivuoto, la memoria di una prestazione più che allucinante e la reclusione comandata dal tecnico dopo la batosta, all’inizio, incidono eccome. Squadra paurosa e imballata, che subisce con terrore le ripartenze genoane, accendendo a sprazzi la luce di qualche giocata di classe. La Lazio dell’anno scorso è un ricordo lontano: a dispetto dell’immobilismo di mercato, quella che va in campo è una parente alla lontana della squadra fervida che si è piazzata terza in campionato. Il che non significa che non possa fare buone cose. Pian piano la Lazio si scioglie, accetta come buon segno la fortuna che le arride respingendo col palo una micidiale sortita del Genoa, e arriva al gol col redivivo Djordjevic, che capitalizza una porcata di fuorigioco dei liguri.
In questa gara ogni fortuna è risarcimento: la Lazio perde col Genoa, in casa e fuori, da quattro anni consecutivi, ogni volta col soprannumero di infortuni gravissimi e orrende squalifiche. All’inizio del secondo tempo si accendono tutte le stelle laziali: Kishna, Milinkovic-Savic e Anderson regalano qualche lampo di talento, finché Felipe, stanco di lasciare i tifosi in apprensione, non approfitta dello spazio lasciatogli dalla scombussolata difesa del Genoa per prendere la mira e staccare la ragnatela dal sette. Esecuzione del miglior livello possibile, poi melina in attesa del prossimo impegno, non senza prendere atto con dolore della pessima figura di Pandev, beccato da un Rizzoli peraltro svampito in flagrante gomitata a Mauricio. Un altro sgarbo alla parte migliore della sua carriera, quella che gli ha consentito di diventare calciatore in grado di giocare e vincere una Champions League. Il mediocre presente di Pandev sembra la diretta conseguenza della sua mancanza di memoria e di gratitudine. Per la Lazio è festa, ma fino a un certo punto: la ferita di Napoli è profonda e non basta il cerotto genoano a farla rimarginare. serviranno riprove, soprattutto esterne, che dimostrino che la guarigione è in atto. Per il momento ci si consola con qualche tocco sopraffino degli asppiranti campioni in biancoceleste. Aspettando il ritorno dei troppi assenti eccellenti.