Tifosi o studiosi?

C’era una volta il calcio di cui tutti, più o meno, potevano discutere


Via Kolarov, peraltro a buon prezzo, arriva Garrido: “e chi cazz’è?”, chioserebbe Felice Caccamo risollevandosi di colpo sullo schienale della poltrona.
Commento che suona in realtà un po’ ingeneroso per il 24enne spagnolo, proveniente da un campionato seguitissimo all’estero e da un club sulla cresta dell’onda, almeno per capacità di spesa.
Il formidabile personaggio di Teocoli e il suo tormentone diventano, però, d’attualità se si lancia uno sguardo d’insieme sul mercato biancoceleste e sui nomi attorno ai quali sembra ruotare.
Già non sarebbe facile esprimersi con cognizione di causa sull’ambientamento di un giovane dell’Atalanta o di uno svincolato del Chievo, che in molti hanno perlomeno visto giocare.
Figuriamoci quanti sono in grado di farlo su Hernanes e gli altri sudamericani, emersi in tornei assai meno visibili sul piano mediatico e che pongono l’incognita – sebbene meno urgente rispetto a un tempo – dell’adattamento al calcio europeo.
Poveri tifosi, quelli laziali in particolare. Avrebbero l’umano desiderio di sapere se la loro squadra si sta attrezzando per la stagione a venire e si ritrovano a forza nei panni di talent-scout, magari con atlante al seguito per collocare sulla cartina qualche club di non immediata localizzazione.
Si interrogano – la questione è strettamente collegata alla precedente – sulla situazione societaria o sulla disponibilità finanziaria in sede di mercato, ed eccoli costretti ad improvvisarsi esperti di bilanci, per decifrare notizie inattendibili alla luce di competenze tutt’altro che ovvie anche per un addetto ai lavori.
Intendiamoci: ben vengano Lotito e la sua difesa del Fort Apache “calcio” contro il “pallone” a furor di popolo, i cui umori avrebbero già dirottato la storia della Lazio su un binario morto.
Ma il divorzio fra le chiacchiere da bar e il calcio, trasformato in un complicatissimo trust socio-politico-economico alla portata di pochi, è un altro passo verso il definitivo snaturamento di quello che conoscevamo come “il gioco più bello del mondo”.